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Channel: Rumore di fusa
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L'impatto ambientale dei nostri animali domestici

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Recentemente mi è capitato di leggere una notizia interessante che mi ha fatto parecchio pensare. Ve la ripropongo: "Assieme alla popolazione umana, cresce anche il numero di animali domestici, e aumenta di conseguenza il loro impatto sull'ambiente. Negli Stati Uniti ci sono 61 milioni di cani e 76,5 milioni di gatti, (...) in Italia 7 milioni di cani e circa altrettanti gatti. In Cina, il numero di cani, circa 23 milioni, sta crescendo tanto rapidamente che a Shanghai, anche in seguito a problemi di randagismo, è stata adottata una one pet policy (un provvedimento che prescrive il divieto di tenere più di un animale per famiglia). (...) Un cane di grossa taglia ha un'impronta ecologica di 0,36 gha, un cane di piccola taglia di 0,18 gha e un gatto di 0,13 gha; a questo proposito è opportuno ricordare, per confronto, che l'impronta ecologica di una persona in Bangladesh è di 0,6 gha, inferiore a quella di due cani, e che l'impatto ambientale dell'alimentazione per gli animali domestici negli Stati Uniti è maggiore di quello che hanno congiuntamente le popolazioni di Cuba e Haiti" (V. Balzani, M. Venturi, Energia, risorse e ambiente, Zanichelli 2014).


L'impronta ecologica (misurata in gha, "ettari globali") informa della porzione di pianeta terra indispensabile per la produzione di risorse consumate e l'assorbimento dei rifiuti prodotti seguendo un certo stile di vita. Nel calcolare l'impronta ecologica dei nostri amici animali si tiene conto non solo del loro consumo alimentare, ma anche delle risorse impiegate per l'abbigliamento (ad esempio i "cappottini" per cani), i giocattoli, la toelettatura e le spese veterinarie. I dati sopra riportati sono piuttosto eclatanti: due cani di grossa taglia "consumano" più risorse di un bengalese. Trovo sterile e irragionevole impostare la questione nei termini di: "dovremmo utilizzare le risorse impiegate per sfamare i nostri animali domestici per risolvere la fame nel mondo", ma è doverosa comunque una riflessione. 


Ad esempio, potremmo iniziare a chiederci quanti giochini, cappottini e altri accessori di dubbia utilità siano davvero indispensabili al nostro animale. Potremmo informarci, se abbiamo un gatto, in merito alle lettiere sostenibili. Potremmo anche valutare meglio la quantità di cibo che offriamo quotidianamente ai nostri amati animali domestici: purtroppo non è un mistero che il tasso di obesità in continuo aumento tra la popolazione umana occidentale, è un problema che sta iniziando ad affliggere anche cani e gatti. E naturalmente, di pari passo a scelte più oculate nella cura e nel mantenimento dei nostri animali, dovrebbe avere luogo un'inflessibile lotta alla riproduzione indiscriminata di cani e gatti. Proporre una "one pet policy" ovunque sarebbe sbagliato, soprattutto quando ci sono canili e gattili sovraffollati, pieni di animali che aspettano solo di trovare una famiglia... ma praticare invece una policy mirata alla sterilizzazione diffusa di cani e gatti e soprattutto di adozione solo e soltanto dai rifugi di animali abbandonati, sarebbe prima di tutto un grande esempio di civiltà. Oltre che un passo verso una maggior sostenibilità dei nostri animali domestici.

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