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"L'ultimo bambino nei boschi" di R. Louv... e un'estate in natura!

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Prima settimana di vacanze estive per tutti i nostri bambini e ragazzi (che non abbiano gli esami). Ricordo ancora le lunghissime estati spensierate della mia infanzia, intrise di libertà e lentezza, pigre ma anche ricche di esperienze da assaporare: i campi di grano e la campagna; il mare, le vacanze e le gite; ma anche le indolenti mattine dove inventarsi cosa fare; i compiti delle vacanze che facevo sempre in giardino; i libri divorati nella penombra della casa nelle ore più calde del pomeriggio; la preparazione con i nonni della passata di pomodoro (per tutto l'anno a venire); i giri in bici; il canto di cicale e grilli; l'osservazione di girini, rane e rospi nello stagno; le stelle cadenti e le notti afose con le finestre aperte... e  quando alla fine arrivava settembre, sembrava essere passata una vita intera.
Recentemente ho letto un bel saggio che mi ha ricordato prepotentemente il valore di quei momenti di libertà, a stretto contatto con la natura e i riti "stagionali"; si tratta di "L'ultimo bambino nei boschi" di Richard Louv, giornalista americano che traccia il quadro della gioventù americana, sempre più avulsa dall'ambiente naturale e per questo sempre meno in grado di apprezzarne il valore indispensabile per una vita piena, ricca e sana.


Se il libro si focalizza tipicamente sulla società americana, in realtà possiamo ritrovare tanto di noi nelle critiche di Louv, dal momento che è lo stesso stile di vita che ci sta rendendo tutti sempre più connessi e tecnologici, ma anche sempre più sedentari e con i sensi "atrofizzati". Un tempo si dava per scontato che tra bambini e natura vi fosse un rapporto diretto, esperienziale e in qualche modo "inevitabile": i bambini  da sempre amano correre, giocare all'aperto e scoprire il mondo naturale. Eppure oggi, in America come in Italia, i bambini (e le loro famiglie) trovano sempre meno possibilità, tempo e modo per fare esperienza diretta della natura. Scoraggiati dalla carenza di tempo libero, ma anche dai presunti pericoli nascosti nell'ambiente naturale (e nella troppa libertà concessa ai nostri figli, che potrebbero incontrare "l'uomo nero"), e contemporaneamente ammaliati dallo svago comodo e sfolgorante offerto dai mezzi di comunicazione di massa (dalla tv a internet), oggi abbiamo nuove generazioni di "nativi digitali" che sguazzano nel mondo della tecnologia come pesci nel mare, ma che poi si ritrovano spaesati nell'ambiente naturale, che sarebbe il mondo fisico e reale nel quale viviamo. "Nel 2002 un altro studio britannico scoprì che un bambino di otto anni medio identificava facilmente i personaggi delle carte dei Pokémon, mentre faceva fatica a distinguere le varie specie naturali indigene della sua zona. In altre parole, Pikachu, Metapod e Wigglytuff erano nomi più famigliari ai ragazzini rispetto a lontra, coleottero e quercia" (Richard Louv, L'ultimo bambino nei boschi, Rizzoli, p. 45).


"L'ultimo bambino nei boschi" non si limita semplicemente ad una critica della nostra società, ma anzi sottolinea l'alto valore e la vitale necessità per tutti gli esseri umani di scoprire e maturare un rapporto diretto con il mondo naturale. In particolare, infanzia ed adolescenza sono poi le "età elette" per questo tipo di legame ed esperienza di vita, quando è fondamentale scoprire "fisicamente" se stessi e il mondo. Tra l'altro, i bambini e i ragazzini che di regola possono beneficiare del contatto con la natura, cresceranno come adulti più consapevoli, ricettivi e responsabili nei confronti della realtà che ci circonda. Senza contare i benefici palesi e scientificamente provati di svolgere regolarmente attività all'aria aperta, lontani dalla sedentarietà del nostro salotto, di fronte a quegli schermi luminosi di cui siamo sempre più schiavi. Richard Louv inoltre, sulla scorta di recenti studi molto interessanti, ipotizza un legame tra lo stile di vita sedentario e "ipertecnologicizzato" (con tutti gli stimoli dati dalle tecnologie che ci bombardano continuamente) e alcune delle più diffuse patologie che vengono diagnosticate oggi in età infantile, soprattutto l'ADHD, "sindrome da deficit di attenzione e iperattività". Specialmente in America si tende ad affrontare il problema somministrando farmaci, mentre è dimostrato che un miglioramento significativo della sindrome si ottiene dando modo al bambino di passare più tempo libero in natura, svolgendo attività all'aria aperta e a contatto con l'ambiente naturale. Certo, questo implica uno sforzo certamente maggiore in termini di tempo e di organizzazione famigliare... ma forse è tutto lo stile di vita ad essere sbagliato, se diventa più pratico somministrare farmaci rispetto al cercare soluzioni più "naturali" (da tutti i punti di vista).

Scena dal film "Stand by me", fonte QUI
Tralasciando anche queste riflessioni specifiche sul valore "terapeutico" della vita a contatto con la natura, Richard Louv sostiene con forza e passione la necessità di crescere di nuovo bambini "dei boschi", dando loro libertà e possibilità di sperimentare la realtà fisica e naturale. E il suo appello va alle famiglie, ma anche al sistema di istruzione americano e agli insegnanti, affinchè si inserica nel progetto educativo una dimensione "ecologica" nel senso più lato del termine: non importa insegnare l'inquinamento, le piogge acide e il cambiamento climatico, se prima non si è trasmesso il senso di appartenenza, ricchezza e meraviglia per la natura che ci circonda. Richard Louv propone non solo grandi progetti educativi d'avanguardia, ma anche piccoli passi da fare in famiglia: escursioni nel weekend, birdwatching e perfino pesca, la costruzione di casette sugli alberi (una vera e propria "palestra di vita" per tante generazioni di giovani americani) e il tenere un "diario della vita all'aria aperta", annotando le piccole e grandi esperienze che si fanno in natura... in particolare quest'ultima idea la trovo perfetta per le vacanze estive, molto più dei "soliti" compiti delle vacanze. Ottimi gli spunti di Louv anche sui benefici e gli stimoli offerti dalla noia: oggi i nostri bambini tendono ad avere pochi momenti davvero liberi, seguendo un'agenda zeppa di impegni (per quanto costruttivi come sport organizzato, lezioni di musica o di arte, ecc.) che lascia poco spazio ed energie per lo sviluppo dell'immaginazione. 

Scena dal film "Stand by me", fonte QUI

Tra i tanti spunti di riflessioni dati da "L'ultimo bambino nei boschi", mi è tornato in mente il film "Stand by me - Ricordo di un'estate", capolavoro sull'infanzia e il passaggio all'età adulta, valorizzato dalla possibilità di scoprire i propri limiti e se stessi, a contatto con il selvaggio e il "pericolo". Tutto il film merita di essere visto e rivisto, ma qui vi propongo una delle mie scene preferite (anche se, vista da sola, può non essere di grande significato):


"La natura, così sublime, dura e bella, offre qualcosa che la strada, le comunità segregate o i videogiochi non possono dare. (...) Regala ai giovani qualcosa di molto più grande di loro e assicura un ambiente in cui possono facilmente contemplare l'infinito e l'eternità. (...) L'immersione nell'ambiente naturale permette di raggiungere più rapidamente l'essenza delle cose, espone in maniera diretta e immediata i giovani agli elementi da cui si sono evoluti gli umani (...) e gli altri esseri viventi, piccoli e grandi. Come dice la Chawla, senza quella esperienza dimenticheremmo 'il nostro posto. Non ricorderemmo più l'esistenza del grande tessuto da cui dipende la nostra vita" (Richard Louv, L'ultimo bambino nei boschi, Rizzoli, p.88). Che questa estate allora possa essere piena di natura per tutti i nostri bambini e ragazzi!

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